Constatiamo con tristezza che il metodo inaugurato circa quattrodici anni fa dalla coppia Parrella – Del Grande, allora collocate all’opposizione della giunta Turini, è diventato un vero e proprio modus operandi che si è protratto negli anni successivi fino ad oggi.
La denuncia contro la allora giunta Turini, poi finita in un nulla di fatto, fu utilizzata dalle stesse per impostare gran parte della campagna elettorale del 2013, quando si presentarono come alternativa al centrosinistra instillando il dubbio tra la popolazione che chi c’era prima utilizzasse metodi al limite della legalità.
Al processo, l’ex sindaco Turini e tutti i membri della sua giunta sono stati assolti da ogni accusa con formula piena, ma si sono ben guardate dal darne notizia.
Non hanno neppure chiesto scusa ai cittadini per le ingenti spese in avvocati pagati con le casse pubbliche.
Da quello che leggiamo in questi giorni sugli organi di informazione, il lupo ha perso il pelo ma non il vizio.
Ci riferiamo all’ultima denuncia, con sentenza di primo grado, contro gli ex amministratori Vanni e Caroti per alcune loro affermazioni, e a quella contro due cittadine accusate di aver usato parole diffamatorie nei confronti dell’attuale Amministrazione.
Probabilmente la nostra Amministrazione detiene il record di denunce contro i propri amministrati, per cui si impone una riflessione culturale e politica.
Al di là di quelle che sono e saranno le decisioni dei giudici, il nostro pensiero è che quando la politica scende sul terreno della giustizia, ne usciamo tutti sconfitti.
Gli eletti ricevono dagli elettori un ruolo di rappresentanza ed è su quel terreno che devono rimanere per svolgere il mandato ricevuto.
Quando chi ha un incarico pubblico scende sul terreno degli esposti e delle denunce alla Procura la democrazia è più debole, cosi come il nostro vivere democratico.
Chi ricopre un ruolo pubblico dovrebbe mettere preventivamente in conto di essere sottoposto al giudizio della gente, specialmente quando la propria azione amministrativa genera malcontento.
Può accadere che alcuni giudizi utilizzino parole inappropriate e non del tutto veritiere, scorrette o anche diffamatorie, ma la persona pubblica ha molte altre strade da seguire per vedere salvaguardati i propri diritti. Prima di ricorrere alla giustizia dovrebbe dimostrare di averle percorse tutte fino in fondo:
– Un sindaco ha contatti giornalieri con i mezzi di informazione e può usarli per tutelare la propria immagine, potendo oltretutto contare sulla credibilità e l’autorevolezza del ruolo ricoperto;
– Il Comune ha un sistema di divulgazione e comunicazione istituzionale che può essere utilizzato per rispondere a qualsiasi accusa;
– Il gruppo politico o il partito di appartenenza può intervenire in risposta e supporto.
Insomma, chi ricopre incarichi istituzionali si trova oggettivamente in una posizione di forza rispetto al singolo cittadino; è del tutto evidente che non si tratta di una lotta tra pari.
Quando un pubblico rappresentante ricorre alla giustizia contro chi dovrebbe rappresentare, rischia di tradire il mandato ricevuto e dovrebbe prima assicurarsi di aver fatto di tutto per lasciare fuori, oltre ogni ragionevole dubbio, l’abuso del proprio ruolo dominante rispetto ad un cittadino qualunque.
Infine esiste anche un dovere di trasparenza verso la comunità che si ė chiamati ad amministrare e alla quale si chiedono continuamente sacrifici per far quadrare i bilanci comunali: quanto è costata e quanto costa in termini economici questa pratica della “denuncia facile” che sembra improntata ad intimidire i cittadini per limitare le critiche e il dissenso?